Si parla spesso di turbo benzina e delle loro due tipologie. Vediamo insieme le caratteristiche di ognuna, evidenziandone pregi e difetti.
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Molto spesso ci capita di sentire la parola “turbo”, in relazione ai motori e alle loro prestazioni. Questa parola è lʼabbreviazione di “turbocompressore”, ovvero un organo meccanico creato e progettato per sovralimentare il motore termico dellʼauto.
Quante tipologie di turbocompressore esistono in commercio? Diverse tipologie di turbo per diverse tipologie di carburante? Esiste un turbo in assoluto migliore di un altro? Ed infine lʼaffidabilità. Sovralimentare il motore, crea problemi di affidabilità? Vediamo insieme tutti questi aspetti.
Iniziamo a capire comʼè fatto e come funziona, più nello specifico, il turbocompressore. Questʼultimo è formato da due componenti:
- compressore, che comprime lʼaria,
- turbina, che scarica i gas prodotti dai cilindri.
Per funzionare le due componenti hanno al proprio interno una girante, detta anche impeller (pensiamo ad una ventola). Le due componenti inoltre, sono collegate tra di loro grazie ad un albero metallico ed inserite in alloggiamenti chiamati chiocciola.
La turbina è la prima a entrare in azione, in quanto, ricevendo i gas di scarico generati dalla combustione prodotta nei cilindri, fa muovere meccanicamente, grazie allʼalbero meccanico, il compressore. Quest'ultimo, come suggerisce la parola stessa, comprime lʼaria e la immette nella camera di scoppio (per intenderci, i cilindri). In questo modo il turbo, grazie anche al lavoro delle valvole di controllo del sistema (wastegate e pop-off), riesce a migliorare il coefficiente di riempimento e quindi il rendimento del motore, ampliando i valori di potenza e coppia sviluppata.
Non a tutti i regimi di rotazione del motore si hanno però dei benefici! al di sotto dei 2.000-3.000 giri motore, a causa dellʼinerzia della girante della turbina, i gas di scarico escono più lentamente. Questo crea quindi un ritardo del turbo (in inglese turbo lag).
Quello che abbiamo appena descritto è la versione classica, detta turbina a geometria fissa. Nel corso degli anni, lʼingegneria ha introdotto nuove proposte di configurazioni turbo e la variante probabilmente più nota. Stiamo parlando del turbocompressore a geometria variabile. Lʼaspetto innovativo risiede nella girante della turbina. E' presente infatti un anello di palette statoriche ad incidenza variabile, il cui angolo dʼincidenza rispetto alle palette rotanti della girante, può variare grazie allʼintervento della centralina elettronica. In parole semplici, a seconda del numero di giri del motore, la centralina modifica lʼangolazione di queste palette. L'obiettivo è per favorire la velocità o la portata dei gas. Un ruolo fondamentale è evidentemente quello della centralina elettronica, la cui corretta mappatura permette unʼottimizzazione del funzionamento del sistema turbo
Nel corso degli anni sono stati anche presentati motori con due turbo, i cosiddetti biturbo, la cui struttura può essere in serie o in parallelo. I primi sono montati normalmente su motori in linea e hanno due turbo di differenti dimensioni. Quello piccolo per lavorare a bassi regimi, mentre quello più grande subentra su necessità ad alti giri motore. Il biturbo in parallelo è usato invece nei motori con configurazioni a V. In questi ultimi, i due turbo sono di uguali dimensioni e ognuno gestisce una delle due bancate del motore. Esempio di vettura biturbo? Bmw 535d
Passiamo ora alla domanda che è poi la conseguenza naturale del nostro discorso: è meglio la turbina a geometria fissa o a geometria variabile? Sicuramente la geometria variabile permette di ottimizzare lʼuscita dei gas, a seconda del numero di giri del motore. A bassi giri le palette statoriche rimangono “chiuse” al fine di limitare la portata dei gas, mentre ad alti giri si “aprono”, per non ostacolare lʼuscita dei gas stessi. In questo modo, sotto i 2.000 giri motore, la geometria variabile colma la problematica dʼinerzia della geometria fissa, con benefici anche legati al comfort di guida, dato che la progressione rimane fluida e senza contraccolpi.
Leggendo lʼarticolo verrebbe quasi da chiedersi “perché allora tutti non adottano la versione a geometria variabile?”. Il motivo principale è la delicatezza ed affidabilità del sistema, proprio per la presenza di parti mobili dello statore. Per questo motivo la geometria variabile è presente quasi esclusivamente nei motori diesel, per via delle temperature dei gas di scarico più basse rispetto ai motori benzina. Tornando quindi alla domanda iniziale “diversi turbo per diversi tipologie di carburante?” Possiamo dire di si: la geometria variabile è usata quasi esclusivamente nel diesel, mentre nei motori benzina è invece la normalità trovare turbocompressori a geometria fissa. Unʼeccezione? Porsche 911.
In conclusione, da un punto di vista tecnico generale, la geometria fissa non è migliore di quella variabile e viceversa. Nel dettaglio di utilizzo però, nei motori benzina si usa prevalentemente la turbina a geometria fissa. Le case automobilistiche, dʼaltro canto, scelgono ormai quasi per singolo modello di produzione, se montare uno o più turbo e di che tipologia. Una scelta quasi personalizzata, al fine di massimizzare la resa del motore ed ottimizzare lʼesperienza di guida di noi automobilisti.