La ricerca scientifica è certa di questo: decidere di acquistare un moderno veicolo diesel vuol dire rispettare l’ambiente maggiormente rispetto una vettura elettrica. I motivi? Diversi e da non sottovalutare nel lungo periodo
Pensiamo alle auto elettriche e quello che la nostra mente suggerisce è “impatto zero sull’ambiente”. Coloro che decidono di abbandonare i vecchi motori diesel e benzina, per abbracciare questa nuova tecnologia, sono normalmente persone attente agli effetti che i loro acquisti possono avere sul prossimo, sul mondo e sulle generazioni future. Tutto questo perché si associa l’assenza di emissioni durante l’utilizzo, all’assenza di emissioni in generale. Purtroppo non è così, la bellissima idea di non inquinare con una vettura elettrica è quanto meno un’idea e non realtà.
Bordi blu, verdi, icone con spine, foglie, schermi digitali con vari dati eco-simpatizzanti, sono i tanti mini segnali che vengono usati per differenziare una vettura elettrica da una diesel o benzina. Politiche di marketing usate dalle varie case per creare una distinzione rispetto gli altri, in una sorta di status symbol. Processi decisionali, spinti da una politica generale ancora troppo corta, che con uno sguardo complessivo ampio e globale, porta ad evidenziare un aspetto ignorato dalla maggioranza delle persone: le auto elettriche inquinano più di quelle tradizionali.
Le motivazioni non sono mosse da qualche lobby delle vecchie industrie, ma da diversi studi, scollegati ed indipendenti fra di loro, tutti che convergono sullo stesso risultato. Chi sono questi enti di ricerca? Il prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology), leader mondiale nella ricerca, afferma quanto detto dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), dall’Automobil Club Tedesco ADAC.
Sviluppare un’auto elettrica non è come svilupparne una tradizionale. Gli aspetti meccanici del motore, vengono sostituiti dalle batterie. Autonomia, tempi di rifornimento e limite di percorrenza sono diversi. Anche la modalità di produzione è diversa e interessa distinti problemi. Le batterie delle auto elettriche sono il cuore principale, fautrici del successo o dell’insuccesso di un modello, ma anche dell’intera filosofia di alimentazione. Litio e cobalto sono minerali fondamentali per questi beni, senza i quali non è possibile realizzare la produzione. Essendo prodotti materiali, concettualmente finiti, in quanto non inesauribili in natura, vanno anche incontro a politiche di prezzo e di mercato. Basta osservare l’andamento del prezzo del cobalto negli ultimi anni, con una quasi bolla speculativa appena scoppiata, per capire come questa tecnologia sia molto dipendente anche da questo aspetto.
Le auto elettriche, è vero, durante la loro percorrenza, hanno emissioni pari a zero, per quel che riguarda l’alimentazione. La parte legata al consumo di freni e pneumatici, attualmente non eliminabile, rimane purtroppo. Quello che però varia, ed è superiore ai benzina/diesel è la parte legata alla produzione e alla creazione di energia elettrica da fonti non rinnovabili, o per lo meno derivanti da un mix.
Produrre e smaltire una vettura tradizionale, benzina o diesel, ha un impatto minore sull’ambiente, pari quasi alla metà rispetto alle vetture elettriche. In altre parole, produrre o smaltire un’elettrica ha un impatto doppio rispetto ad una tradizionale. Il motivo? Come abbiamo detto prima, il prezzo delle batterie è in funzione dei materiali di costruzione, attualmente in possesso di pochissime nazioni in grandi quantità, capaci quindi di creare una sorta di oligopolio per questi materiali. La Cina inoltre, si sta dimostrando molto attenta a queste tematiche ed infatti sta sviluppando ingenti investimenti in Congo (60% delle riserve mondiali) e nel continente Africano. Oltre a questo aspetto, che possiamo definire iniziale, anche lo smaltimento è quantomeno fondamentale per non andare a inquinare il suolo, con mega discariche. Se è vero che esistono progetti piloti, ancora non c’è una comune direzione per questo problema.
Tutte le ricerche finora sviluppate, sono però concordi nell’utilizzare il “carbon footprint” come aspetto chiave e fondamentale per il confronto tra la nuova era che sembra arrivare, e quella attuale. Questo termine inglese ingloba sia le emissioni dirette che quelle legate alla produzione e afferma che nel caso di una nazione con produzione di energia mista, come Germania o Italia ad esempio, una vettura elettrica deve percorrere (nei casi massimi) circa 580.000 chilometri per essere più eco compatibile rispetto ad un diesel. Hai letto bene, 580.000 chilometri. Tutto ciò perchè la produzione di energia elettrica è un mix di fonti di energia, dal carbone alle rinnovabili. Solo 5 nazioni nel mondo (Francia, Paraguay, Islanda, Svezia e Brasile), grazie al forte impatto delle rinnovabili, avrebbero auto elettriche realmente più eco-compatibili rispetto a diesel e benzina. Tutto potrebbe cambiare se nel mondo si sviluppassero, in modo concreto e globale le energie rinnovabili. Questo aspetto è però qualcosa di indefinito come progettualità concreta. L’efficienza produttiva non è la medesima per un impianto idroelettrico, a biomasse o altro. Il solare ha ancora un valore di trasformazione in energia elettrica basso rispetto ai competitor, per non parlare dell’eolico. Come dire, le idee ci sono e la strada è quella buona, la svolta su quando queste fonti siano completamente sfruttabili, è difficile da stabilire in ambito temporale. E’ vero che alcuni stati hanno investito molto, ma queste forme di produzioni di energia dipendono molto anche dalla morfologia dello stato stesso. Pensiamo ad esempio al Paraguay, percorso da un’importante componente idrica: è normale aspettarsi un 100% di energia proveniente da fonti idroelettriche.
Oltre a questo dato, i recenti dati parlano chiaro. Nel 2017 le auto elettriche sono appena l’1% di quelle immatricolate. Infrastrutture assenti, prezzi più alti di un 20% rispetto a quelle tradizionali, scarsa autonomia e lentezza del rifornimento sono gli indiziati per questo ritardo nella partenza. Se in Cina, le case produttrici di vetture sono anche responsabili dello smaltimento, nel resto del mondo questo aspetto manca e non fa che ritardare uno dei veri problemi di queste vetture, ovvero il riciclo nel fine vita.
A contorno di tutto ciò, il Parlamento Europeo ha deliberato da pochi giorni un progressivo taglio delle CO2 dopo il 2020, arrivando al 40% in meno entro il 2030. Non si capisce perchè si rimane concentrati sul solo dato “istantaneo” dell’utilizzo del mezzo e non di una serie di dati più allargati, quali produzione e smaltimento. Una vera lotta all’inquinamento deve partire dal punto zero del processo, fino alla fine e riciclo, se l’intento è andare a risolvere totalmente il problema dell’inquinamento e non creare toppe su toppe. In questo modo, potremo dare ai nostri figli una strada chiara e ben definita di quello che significa avere un mondo più sostenibile. Perchè questi aspetti non si risolvono in dieci anni, ma è fondamentale partire entro 10 anni, per aver la possibilità di avere aria fresca anche fra cent’anni.
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