La casa tedesca ha visto arrivare la maxi multa commissionata da un tribunale locale, a causa dell’ormai celebre scandalo legato alle emissioni inquinanti. Farà appello? No, a quanto dichiarato dai vertici aziendali. Questione finita? Assolutamente no.
Il giorno in cui tutto iniziò era a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico 2015-16, precisamente venerdì 18 settembre 2015. L’EPA, l’Agenzia Statunitense per la protezione contro l’inquinamento, dichiarò che la casa tedesca aveva installato un software per alterare il valore reale delle emissioni degli Ossidi di Azoto e inquinamento da gasolio. Secondo l’agenzia oltreoceano, il software riusciva a comprendere quando la vettura era sottoposta ai test, alternando quindi i valori dichiarati. Un vero e proprio boom a livello mondiale, con un richiamo massiccio di vetture in ogni parte del mondo (500.000 solo negli USA). Le vetture in circolazione erano infatti in grado di inquinare quaranta volte oltre il limite consentito dalla legge.
Nel giro di una settimana il titolo azionario, presso le maggiori piazze affari mondiali, collezionò pesanti perdite, dando la spallata definitiva all’ex Amministratore Delegato Martin Winterkorn. Gli USA furono terreno ostico per il gruppo VW, in quanto nel giro di due anni furono arrestati il dirigente VW per gli USA e il manager di Audi, rispettivamente con l’accusa di frode e associazione a delinquere per truffa e violazione delle leggi ambientali ed arrestato successivamente in Germania per truffa a pubblicità ingannevole.
VW non fu l’unica casa nell’occhio del ciclone. Anche il gruppo FCA e Renault furono analizzati per sospetti comportamenti. Il risultato? Un aggiornamento delle centraline dei veicoli incriminati, aspetto molto più economico della sostituzione di componenti meccanici, oltre che l’obbligo di alimentare il fondo di mobilità sostenibile.
Le multe iniziarono ad arrivare. La maggiore fu quella patteggiata l’anno scorso con il Dipartimento di Giustizia USA per un cifra di 4.3 miliardi di dollari per via delle emissioni superiori alle norme nazionali. Ora arriva il fronte europeo, con un importo da un miliardo di euro, che non verrà portato in appello. VW si assume quindi tutte le responsabilità del caso, di fronte al tribunale del proprio paese. Un atto di responsabilità nei confronti dei quasi undici milioni di motori turbodiesel (tipi EA288 - gen 3) venduti negli Stati Uniti e Canada, oltre ai EA189 commercializzati dal 2007 a 2015.
“A seguito di un esame approfondito, Volkswagen AG ha accettato la sanzione e non presenterà ricorso contro di essa. Volkswagen AG, così facendo, ammette la propria responsabilità per la crisi del diesel e considera questo come un ulteriore importante passo verso il superamento di quest'ultimo. A seguito dell'ordinanza amministrativa che impone la sanzione, il procedimento di infrazione regolamentare attivo condotto contro Volkswagen verrà definitivamente chiuso. Volkswagen presume che tale chiusura del procedimento avrà anche significativi effetti positivi su ulteriori procedimenti amministrativi attivi in Europa nei confronti di Volkswagen AG e delle sue controllate” ha dichiarato Volkswagen in una nota rilasciata dalla casa.
Terminati tutti i processi? Assolutamente no. La medesima procura che ha commissionato la maxi multa europea, quella di Braunschweig, ha messo l’ex amministratore delegato Winterkorn sotto inchiesta, per rilevare eventuali responsabilità personali. Anche Rupert Stadler, Amministratore Delegato di Audi, ha visto bussare alla sua porta gli inquirenti, per una perquisizione presso la propria casa. Obiettivo di questa visita è trovare eventuali prove che supporterebbero le accuse di frode e pubblicità ingannevole.
E in Italia? Nel maggio dello scorso anno, il Tribunale di Venezia ha aperto ufficialmente la class action con l’associazione Altroconsumo come capofila. I possessori di una vettura acquistata tra il 15 agosto 2009 ed il 26 settembre 2015, a marchio VW, Audi, Seat e Skoda, con motore EA 189 Euro5, hanno potuto partecipare a questa azione di difesa dei propri diritti. La richiesta iniziale era un risarcimento pari al quindici percento del valore di acquisto del veicolo. I partecipanti sono stati novantamila, che non dovranno fare altro che aspettare l’iter giudiziario. Quest’ultimi inoltre non sono obbligati a tenere l’auto, e sono quindi liberi di venderla o effettuare una permuta con un nuovo veicolo.
Si preannunciano quindi nuove sanzioni, sia in Italia, sia in europa per il colosso tedesco. Quando si concluderanno tutte le cause legali, non è dato sapere, certo è che tale scandalo ha dato una spinta aggiuntiva, seppure in modo indiretto, alla rivoluzione elettrica che ci sta rivoluzionando il modo di programmare il nostro prossimo acquisto di autovettura.
Credit photo: Volkswagen media press website