In un mondo automotive dove l’ibrido sta aumentando nelle quote di mercato, il diesel si sta rendendo sempre più pulito. L’introduzione dell’Adblue, per ridurre le emissioni di ossidi di azoto, è stata applicata anche nei trattori. Un ulteriore serbatoio con qualche problema connesso. Cerchiamo di fare il punto
Una volta le emissioni inquinanti erano un lontano problema. Oggi, gli standard qualitativi dell’aria sono molto più stringenti ed è doveroso porsi domande su come preservare il nostro pianeta, per le generazioni future. Le risposte del mercato automotive sono principalmente due, ibrido ed elettrico, con un abbandono progressivo del diesel. Un carburante che per decenni è stato l’alimentazione preferita per coloro che facevano lunghi viaggi, attualmente è sotto la lente d’ingrandimento da parte delle principali città mondiali. Alcuni esperti muovono critiche e dubbi sul reale senso di tale andamento, dato che i moderni euro 6.2 hanno emissioni di inquinanti inferiori rispetto ai motori benzina. Tutto ciò anche in ragione dell’introduzione dell’Adblue, una soluzione liquida utilizzata per ridurre le emissioni degli ossidi di azoto, in misura fino al 90%.
Settore auto, ma anche settore agricolo, con i trattori che hanno visto l’introduzione dell’#adblue. Ma di cosa si tratta esattamente? Si tratta tecnicamente di una soluzione composta dal 32.5% di urea tecnica di alta qualità, con un basso contenuto di calcio, metalli e biureto, e per il restante 67.5% da semplicissima acqua demineralizzata. Stiamo parlando di una soluzione atossica, non infiammabile e non pericolosa da manipolare, che però deve essere contenuta e trasportata in strutture e materiali ad hoc.
Tale sostanza è utilizzata nel processo di riduzione selettiva catalitica (SCR), all’interno del quale viene assorbito l’ossigeno, riducendo così la creazione di NOx nei gas di scarico. In questo modo, si produrrà vapore acqueo e azoto. A differenza di una riduzione selettiva non catalitica, il fatto che nell’SCR ci sia un catalizzatore, il rendimento può raggiungere percentuali che sfiorano l’80%.
Ma quando, come e perchè è stato scelto questa metodologia per ridurre i gas inquinanti? Tutto partì nel 2008 quando Mercedes, decise per scelta aziendale di aumentare l’esportazione di veicolo negli USA. In tale paese però i limiti su NOx erano molto più selettivi di quelli europei. Per sopperire a ciò, la casa tedesca introdusse l’SCR, che grazie all’urea, permetteva di ottenere il raggiungimento degli standard statunitensi. Le recenti introduzioni dei motori Euro 6, hanno prodotto una netta spinta, verso una scelta “quasi” di conseguenza dell’Adblue. Tali aspetti hanno però prodotto due primi problemi, uno a livello produttivo e uno a livello del consumatore. Il primo è relativo al costo più elevato nel produrre motori con cilindrata inferiore a 1.600 cc, con il processo dell’Adblue, mentre dal lato del consumatore, il rabbocco di tale soluzione è comunque un aumento dei costi di gestione.
Esistono anche alcuni problemi a livello meccanico, nell’utilizzo di questa sostanza. I sistemi SCR sono infatti molto sensibili alla qualità di quest’ultimo. Una non perfetta percentuale di urea, oppure la contaminazione durante il trasporto, la manipolazione o la conservazione, fanno sì che i danni si manifestano con assoluta certezza, ma con un ritardo tale che difficilmente il soggetto se ne accorge immediatamente. L’eccessiva presenza di calcio, per fare un esempio, produce un intasamento degli iniettori e danneggia il catalizzatore, ma tutto ciò non nell’immediato, ma dopo alcune migliaia di chilometri. Si va quindi a produrre un danno diretto al catalizzatore, che sebbene fosse originariamente progettato per non essere sostituito, esso dovrà subire manutenzione o persino il cambio.
Veniamo ora al settore agricolo, dopo aver dato un'esauriente scorcio generale. Le ultime scelte ingegneristiche hanno spinto il mercato a portare il trattamento dei gas nocivi, non andando a lavorare sulla temperatura della camera di combustione, ma in un secondo momento, ovvero quando il gas e le emissioni si sono già prodotte. Ed ecco che entra in scena l’Adblue e quindi l’urea. Tale trattamento avviene però in un catalizzatore di ampie e voluminose dimensioni, che difficilmente si riesce a inserire con facilità nei trattori stretti. Il progresso della tecnica però sta cercando di superare questa impasse. Sicuramente si potrà andare a lavorare su un perfezionamento dei motori, sul lato delle emissioni inquinanti, ancora prima che vengano trattate, andando a diminuire il lavoro del catalizzatore e dell’utilizzo dell’Adblue.
In conclusione possiamo dire che utilizzare l’Adblue è il metodo più economico e pratico per poter adeguare le emissioni dei trattori, auto e camion, alle più recenti direttive antinquinamento. Utilizzarlo però in maniera corretta, ovvero con le percentuali rispettate e non inquinato da altri materiali, è però un aspetto fondamentale, che deve essere tenuto in considerazione per una gestione ottimale del mezzo, per evitare di incorrere in ingenti spese di sostituzione del catalizzatore ad esempio.
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